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domenica 24 marzo 2013

Ricerca UE: La pirateria non danneggia l'industria musicale

di Lorenzo Repetti


L’Italia, in base alle ricerche compiute dalla compagnia americana “Musicmetric”, occupa il terzo posto nella classifica mondiale di download illegali in campo musicale, preceduta solo da Regno Unito e USA.
Dal momento in cui è nata la pirateria informatica è iniziata la lotta delle case discografiche contro lo scaricamento di brani dal web. 
In alcuni paesi, come il Giappone, il download di qualsiasi file che sia protetto da copyright è considerato un reato grave e può portare ad una sanzione massima di due anni in carcere. La Svizzera invece ha deciso di considerare la pirateria ad uso personale legale; non è infatti prevista alcuna sanzione per chiunque scarichi dal web.

Nel 2011 la Sabam, una società di gestione belga incaricata di autorizzare l'utilizzo da parte di terzi delle opere musicali degli autori, aveva fatto causa alla Scarlet Extended SA, ex Tiscali, poiché quest’ultima forniva ai propri utenti i mezzi per scaricare brani da internet. La richiesta fu che la Scarlet impedisse ai propri utenti di accedere a qualsiasi tipo di connessione peer-to-peer, ma la sentenza definitiva della Corte di giustizia dell’UE giudicò non colpevole la società accusata, dichiarando che «l'ingiunzione imporrebbe una sorveglianza generalizzata, incompatibile con la direttiva sul commercio elettronico».


Una recente analisi condotta dall’IPTS  (Institute for prospective technological studies) per conto della commissione europea evidenzia il fatto che la pirateria in realtà non rechi alcun danno al settore musicale, anzi, ne incrementi le vendite. Questi studi sottolineano il fatto che gran parte della musica scaricata illegalmente non verrebbe comunque mai comprata. Spesso i siti pirata acquisiscono una funzione promozionale e, in base alle statistiche, gli utenti che abitualmente mettono in download i brani musicali ne acquistano poi il 37% in più rispetto ai normali compratori . Se non fosse più possibile scaricare materiale pirata, tutti i venditori di musica online vedrebbero calare i propri profitti del 2%; non si tratterebbe certo di una perdita disastrosa, ma potrebbe mostrare che la pirateria informatica non è esattamente “la peggiore piaga” dell’industria musicale come viene invece presentata dalle case discografiche. Quest'ultime infatti addossano la colpa per ogni minimo calo di fatturato alla pirateria, non pensano quasi mai che la diminuzione delle vendite possa dipendere dai prezzi sempre più alti degli album musicali. Naturalmente l’industria discografica internazionale ha subito pubblicato una severa risposta a questa ricerca dell’IPTS, definendola fuorviante, inaffidabile e del tutto scollegata dalla realtà commerciale. Sicuramente si tratta soltanto di statistica e i dati potranno essere non proprio esatti, ma nemmeno opposti, specialmente se si tiene presente che la Columbia University aveva già portato a termine una ricerca analoga  con gli stessi risultati.

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