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mercoledì 27 marzo 2013

La primavera messicana: il movimento #YoSoy132


 di Camilla Sollecito


Messico, elezioni presidenziali 2012.

Manifesto elettorale di Enrique Peña Nieto
Il candidato del PRI (Partito Rivoluzionario Istituzionale) Enrique Peña Nieto era il favorito alle elezioni presidenziali del 1 luglio 2012. Il suo partito aveva già governato il Messico in una sorta di regime monopartitico quasi ininterrottamente tra il 1929 e il 2000. Da quella data le redini del potere erano passate al conservatore Partito Azione Nazionale (PAN) e aveva vinto le elezioni il candidato Vicente Fox e poi nel 2006, Felipe Calderón il presidente ancora in carica.

Peña Nieto appena eletto presidente
In quello stesso anno 2006 Peña Nieto era stato governatore dello Stato del Messico, e, appoggiato dal presidente Vicente Fox, aveva mandato migliaia di polizziotti nel paesino di San Salvador Atenco, dove era sorta una protesta per la costruzione di un nuovo aereoporto nella regione. In quell'episiodio una trentina di donne erano state violentate dalla polizia, due studenti erano morti e più di duecento contadini arrestati.

Di questo fatto e di molte altre azioni autoritarie e violente chiesero spiegazione l'11 maggio del 2012 Gli studenti dell'Universidad IberoAmericana, un istituto privato di gesuiti a Città del Messico, dove il candidato del PRI era stato invitato per una tavola rotonda. Gli studenti quel giorno persero la pazienza insoddisfatti delle risposte di Peña Nieto, che riguardo alle vicende di Atenco affermò : « [...] ho preso la decisione d'utilizzare le forze di polizia per ristabilire l'ordine, sfortunatamente si sono verificati alcuni incidenti che sono stati tuttavia debitamente sanzionati [...] è stata una decisione che mi assumo personalmente [...] seguendo il legittimo diritto dello stato del Messico a fare uso della forza pubblica e questa decisione e' stata validata dalla corte suprema [...]. », (come si riporta anche in quest'articolo di un giornale messicano.). Quel giorno il candidato del PRI fu costretto a nascondersi in bagno e poi imboccare l'uscita posteriore.

Enrique doveva il suo successo fino a quel momento principalmente a due motivi. Il primo riguarda la lotta al narcotraffico: il PRI aveva preferito stipulare accordi con i narcotrafficanti evitando molte morti ma favorendo la criminalità, il PAN invece nel tentativo di combatterli aveva causato, secondo stime non ufficiali, circa 60'000 vittime.
Il secondo motivo è invece legato all'informazione. Peña Nieto oltre a essere un'abile show-men possedeva l'appoggio incondizionato dei due network televisivi che da soli occupano il 90% del mercato dei media messicani, Televisa e TV Azteca. Proprio queste due televisioni il 12 maggio decantarono la buona riuscita dell'intervento del candidato nell'università iberoamericana, insieme a molte testate giornalistiche. La televisione Milenio TV girò un video in cui dei simpatizzanti di Peña Nieto, fingendo di essere studenti dell’università IberoAmericana, elogiavano il gran successo del candidato. Il presidente del PRI Pedro Joaquìn Coldwell invece, insieme a Peña Nieto stesso, accusò gli studenti di essere manovrati da gruppi di estrema sinistra violenti e li denigrò.

Gli universitari, quel giorno, avevano protestato specialmente per il duopolio delle televisioni e per rendere più democratici i mezzi di informazione e così, questi episodi, confermarono la validità delle loro rivendicazioni. Risposero allea queste accuse sui social networks: uno studente di scienze della comunicazione registrò un video con centotrentuno ragazzi che mostrando il loro libretto universitario dimostrarono di esistere, di non essere violenti, nè sottoposti ad alcun partito, ma semplici studenti, stufi di essere presi in giro.
Il loro messaggio si diffuse rapidamente passando da youtube a twitter, molte altre università scesero in piazza e si unirono alla protesta.

Quando poi i telegiornali e i mezzi di informazione li accusarono di essere solo 131 elementi in una Nazione di oltre cento milioni di individui, il giorno successivo nacque il movimento YoSoy132, "io sono il numero 132" da parte degli altri studenti messicani: quei ragazzi non erano da soli. Un alunno del Tecnologico de Monterrey con un gioco di parole creò l'hashtag #YoSoy132. che diede il nome al movimento.
 Sabato 19 maggio inoltre, una manifestazione a Città del Messico contro Enrique Peña Nieto, benché già organizzata da tempo, fu monopolizzata dagli studenti: 40-50mila giovani si riversarono nelle strade della capitale, mentre in contemporanea diverse migliaia manifestano nelle piazze delle altre città del paese. Parte della manifestazione arrivò sotto la sede di Televisa, il principale alleato mediatico di Peña Nieto. Su twitter l'hashtag #MarchaYoSoy132 si propagò come un incendio e restò per giorni sulle bocche di tutti. Sui giornali si iniziò a parlare di "primavera mexicana".

Il 24 maggio e il 30 maggio ci furono altre due importanti manifestazioni. In particolare in questa seconda data, 7000 studenti da 54 università di tutto il Messico si ritrovarono nei giardini dell’Università Nazionale Autonoma del Messico, la più grande università pubblica dell’America Latina, per definire un programma e un’agenda. Il movimento pubblicò il suo manifesto e fu creato un video messo su youtube dove vari studenti esponevano i vari punti. I ragazzi si definirono apartitici e caratterizzati dalla volontà di rinnovare la situazione del paese. Gli studenti infatti si battevano per la libertà di espressione, invocando la democratizzazione della vita pubblica e dei mezzi di comunicazione e un'elezione trasparente e senza brogli; chiedevano inoltre uguali possibilità di studio e di lavoro per tutti i cittadini e accesso a Internet per tutti. Esigevano un processo politico a Calderòn per le vittime nella guerra del narcotraffico, chiedevano medicine gratuite, accesso all'acqua per tutti e che Pemex (l'azienda petrolifera pubblica messicana) non fosse privatizzata.


Il 10 giugno si svolse il secondo dibattito tra i canditati che fu un fiasco e mise in cattiva luce Peña Nieto, oltre che essere palesemente imparziale. Molto più successo riscosse il 19 giugno quello organizzato dal movimento più libero e movimentato, trasmesso in diretta streaming su youtube, a cui aderirono tutti i candidati eccetto Peña Nieto.

Purtroppo gli sforzi di questi studenti per cambiare il sistema politico non bastarono a fermare il candidato del PRI. Li penalizzò sicuramente una certa disorganizzazione interna ma principalmente li misero in difficoltà le strategie del governo per farli apparire in tutti i modi un movimento diviso e violento,  che ricorse anche a infiltrati nelle manifestazioni.
Il 1 luglio Peña Nieto ottenne il 38,2 per cento mentre il suo avversario, il candidato del PRD (partito della Rivoluzione Democratica) Andrès Manuel Lòpez Obrador il 31,5 percento dei consensi. Obrador convinto che ci fossero stati dei brogli elettorali  dichiarò: <<agiremo per vie legali>> e presentò un ricorso in tribunale per presunte irregolarità. Il 31 agosto il tribunale, nonostante i tentativi di dimostrare che il PRI avessse comprato cinque milioni di voti, dichiarò Peña Nieto presidente. Egli si insediò ufficialmente alla presidenza il 1 dicembre 2012 e gli studenti convocarono l'ennesima manifestazione, che però non modificò l'evidenza dei fatti.

Adesso il movimento #YoSoy132 continua a crescere e ad agire principalmente sui social networks in particolare nella sua pagina twitter, organizzando manifestazioni e sperando nel cambiamento. Recentemente ha conseguito una vittoria riguardo il proprio riconoscimento, poichè a quanto sembra, la commissione dei diritti umani si è schierata a suo favore. Inoltre ha proclmato una manifestazione antifascista chiedendo di non criminalizzare la protesta.

La primavera messicana, come già in precedenza lo è stata la primavera araba, è l'ennesima dimostrazione di come internet sia diventato un libero canale di dialogo e confronto, che permette ai giovani di esprimere la propria opinione e ribellarsi a prescindere dalla monopolizzazione dello stato degli altri mezzi di comunicazione. La domanda che resta da porsi è se saremo in grado continuare a sfruttare in modo concreto la possibilità di democrazia che ci offre il web o se gli accenni di cambiamento rimarranno scritti sotto forma di hashtag.

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