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venerdì 22 marzo 2013

"Tutti i Migliori sono Matti"

di Arianna Poletto


La prima volta che vedi un film di Tim Burton capisci subito una cosa; quei panorami macabri e al contempo spettacolari, quei personaggi malinconici e fuori dal comune, quelle situazioni improbabili eppure così reali, sebbene possano piacere o no, ti rimarranno sempre dentro.
  
  
Timido ed estremamente creativo, segnato da un’infanzia difficile, con pochi amici e lontano dai genitori che, come sostiene lui stesso, “non riuscivano a capirlo”, trascorre le giornate nel cimitero di Burbank, in California, la sua città natale, unico luogo in cui riesca a sentirsi se stesso e in cui ambienta, scrive e illustra le sue prime storie.
A 18 anni vince una borsa di studio messa in palio dalla Disney e viene assunto da questa per la realizzazione del lungometraggio “Red e Toby – Nemiciamici”. Licenziato dopo pochi mesi a causa di idee contrastanti con gli ideali disneyani, a 24 anni realizza “Vincent”, il suo primo cortometraggio e poco tempo dopo il film “Pee-wee’s Big Adventure”, una commedia scanzonata e divertente e, nonostante l'esiguo budget e i rapidissimi tempi di produzione, ottiene un ottimo successo commerciale. Tuttavia i successi che lo consacrano tra i registi più popolari e ammirati di Hollywood sono “Batman” e, specialmente, “Edward Mani di Forbice” primo film a cui prende parte Johnny Depp, che diventerà suo partner di lavoro ideale nonché grandissimo amico.


Tra le pellicole principali del regista vanno inoltre ricordate “il Mistero di Sleepy Hollow”del 1999, tratto dal romanzo di Washington Irving e da molti considerato il suo film migliore, “il Pianeta delle Scimmie” del 2001, sul cui set conosce l’attrice Helena Bonham Carter, che diventerà la sua compagna di vita e la sua“musa ispiratrice” per i progetti successivi, “la Sposa Cadavere” del 2005, primo lungometraggio animato dopo la produzione di “Nightmare before Christmas”e “Sweeney Todd – il diabolico barbiere di Fleet Street”, commedia noir musicale.




I suoi personaggi, sebbene alquanto diversi tra loro, sono tutti caratterizzati da aspetti comuni,  condivisi anche dallo stesso regista. Egli infatti ha sempre dichiarato che essi rappresentano lui stesso e, tramite ognuno, espone una parte di sé. Ciò che li contraddistingue e li rende unici sono il senso di solitudine e incomprensione da parte del mondo esterno, che tende ad escluderli non accettando la loro diversità e, al contempo, il coraggio e la forza d’animo con cui riescono a riscattarsi, spesso rivelandosi migliori degli altri.
L’associazione di temi surreali e inquietanti con contenuti delicati e sempre aventi un messaggio morale sottinteso rivelano perfettamente l’indole del regista, legato all’amicizia, all’amore e alla famiglia alla quale, nonostante l’abbia respinto e rifiutato, si sente sempre legato.
Film come questi, a cui personalmente ho sempre guardato come modello di vita, aiutano a vedere la bellezza dove apparentemente non esiste, a capire che la diversità non è un male, ma un bene, a non perdere mai la speranza e insegnano che grazie alla forza di volontà si può raggiungere qualunque obiettivo.

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